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Pubblicazione Atti del Seminario La malattia che cura il teatro  – Bolzano, 12-13 ottobre 2019
LA MALATTIA CHE CURA IL TEATRO
Esperienza e teoria nel rapporto tra scena e società

A cura di Andrea Porcheddu e Cecilia Carponi
Edito da Dino Audino
In collaborazione con Teatro la Ribalta-Kunst der Vielfalt
con il contributo della Provincia Autonoma di Bolzano, Comune di Bolzano, Fondazione Alta Mane Italia

Il volume è disponibile al prezzo di 20,00 euro

–   Da subito facendone richiesta a info@teatrolaribalta.it

–   Dal 9 luglio sui principali portali di acquisto di libri on-line (Amazon, IBS, Feltrinelli, Il libraccio, Libreria Universitaria), sul sito dell’editore (https://www.audinoeditore.it/) e nelle librerie

Il volume nasce dal seminario di studi organizzato dal Teatro la Ribalta-Kunst der Vielfalt il 12 e 13 ottobre 2019 dal titolo “La malattia che cura il teatro”. Artisti, studiosi, critici e operatori si sono ritrovati a Bolzano con lo scopo di avviare un confronto sul teatro, rispondendo a un ribaltamento della prospettiva: non il teatro che cura le ferite, ma „La malattia che cura il teatro“.

L’attenzione si concentra su pratiche, percorsi e pensieri di quanti provano a cambiare i codici del teatro, facendone un elemento di rinnovamento non solo artistico, ma soprattutto umano. Si tratta di strade che muovono dall’incontro con l’Altro e con la differenza, osteggiando la dittatura dell’Uguale e del Normale, scardinando regole e prassi consolidate.

Dai contributi dei numerosi autori (Piergiorgio Giacché, Guido Di Palma, Fabrizio Fiaschini, Stefano Masotti, Oliviero Ponte di Pino, Susanne Hartwig, Andrea Porcheddu, Alessandro Garzella, Alessandro Argnani, Rosita Volani, Thomas Emmenegger, Michela Lucenti, Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari, Gianluigi Gherzi, Ugo Morelli), emergono testimonianze e riflessioni su quel che si fa e quel che si potrebbe (ancora) fare.

Dall’introduzione al volume “In queste pagine, grazie alla sollecitazione di Antonio Viganò, ci siamo trovati tutti a girare binocolo, a cambiare punto di vista, a interrogarci al contrario. È così che accade con tanto teatro: rivolta, cambia, modifica. Non sempre succede, eppure il teatro, quello “che funziona”, fa questi effetti. Allora la domanda posta da Viganò è significativa perché allude e svela una realtà di fatto. È il teatro che necessita di “cura”, di essere risanato, o forse semplicemente, ritrovato nella sua funzione profonda, nella sua essenza di verità, di funzionalità. E la cura è, appunto, la ferita.Ossia tutto ciò che esce dal mondo perfetto del contemporaneo, da quella “levigatezza”, termine attorno al quale ha indagato recentemente il filosofo Byung-Chul Han, che è caratteristica della superficialità posticcia dei nostri tempi virtuali. Occorre guardare l’Ombra, l’oscuro, il negativo: il teatro ha bisogno di tutto quel che la nostra società sembra espellere. Diversità, disagio, malattia, handicap, dolore. È il mondo Altro, o forse semplicemente il mondo dell’Altro, la sorgente cui il teatro può trarre nuova energia, nuovo spirito, nuova ricerca.” (A. Porcheddu)